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Secondo molti storici gastronomi la “colatura” deriverebbe direttamente dal “garum “ e dal “liquamen “ dei romani e di questi sono giunte fino a noi numerose ricette ; tutte utilizzavano come materie prime pesci più o meno grassi con le loro interiora con l’aggiunta di sale e spezie poi messi al sole per tempi oscillanti dai venti/ trenta giorni fino a mesi e da cui si otteneva una salsa liquida o semisolida molto forte da coprire ogni altro sapore. Essi venivano infatti usati come sostituti del sale e per insaporire ed arricchire gli alimenti.
Ciò che è fermentato può essere gradito e quindi piacevole per gli uni ma sinonimo di decomposto e quindi ripugnante per altri. La scelta del grado ottimale di fermentazione varia a secondo della tradizione culturale. Il concetto di marciume ottiene dunque più alla sfera culturale che a quella biologica, nella misura in cui un alimento diventa inadatto al consumo in base a criteri legati soprattutto ai gusti, alle rappresentazioni ed al concetto di igiene delle diverse società umane . (A. Hubert 2001). La “colatura” è molto più conosciuta all’estero che in Italia, gli asiatici in generale ed i giapponesi in particolare sono dei grandi conoscitori ed appassionati di questo prodotto che ben si sposa alla loro cultura gastronomica. Simile alla “Colatura” sono il “Nuoc Mam” vietnamita e il “Nam Plaa” tailandese che sono oggi condimenti familiari in Europa ; il loro forte, caratteristico odore è stato per molto tempo considerato ripugnante, che non evoca profumi o aromi idilliaci tant’è che veniva paragonato, dai coloniali francesi, in Indovina, come odore «di ragazzina che si lava poco». Accanto a queste capacità di condimento alcuni lavori hanno messo in evidenza la presenza di acidi grassi insaturi ed una evidente proteolisi delle proteine del muscolo (Di Luccia et al. 2003- Ferro et al. 2004). L’elevata presenza di acidi grassi liberi insaturi potrebbe essere ascritta al processo di disgregazione cellulare che avviene nel corso della fermentazione del pesce, anche importante è la presenza di “sfingosina”. La “Sfingosina” è un alcol che funge da precursore per le sfingomieline, i cerebrosidi ed i gangliosidi ed a essi è attribuito il ruolo di recettori dei segnali delle cellule neurali e la loro presenza nella colatura lascia supporre proprietà antistress.
STORIA
Le origini della “Colatura “ si fanno risalire ad un episodio specifico accaduto intorno al XIII secolo ad opera dei Monaci Cisticercensi dell’Antica Canonica di San Pietro a Tuczolo, sull’omonimo colle vicino ad Amalfi. I Monaci salavano le alici pescate tra maggio ed agosto in botti le cui doghe, scollate dal tempo, non erano più adatte a tenere il vino. Le botti venivano sistemate su coppie di travi in legno poste parallelamente, murate a mezzo metro di altezza dal pavimento dette “mbuosti”. Man mano che il sale maturava le alici, faceva perdere loro il restante liquido che “colava” attraverso le fessure delle botti ed inondava il locale di un profumo forte e piacevole ed i monaci pensarono bene di usarlo sulle verdure cotte come broccoli, patate,etc.
Un’altra versione che fa riferimento sempre agli stessi Monaci nello stesso periodo parla di un battello che stava trasportando “terzigni” di alici salate per mare e dopo una burrasca , quando il cuoco scese nelle stive per prendere un po’ di acciughe salate da utilizzare in cucina fu colpito dal profumo intenso che si sprigionava dal liquido che “colava” dalle doghe allentate dai movimenti della burrasca. In ambedue le versioni la scoperta della colatura di alici fu divulgata dai monaci ai pescatori che applicarono delle modifiche nella lavorazione utilizzando per alcune produzioni anche una sorta di “cappuccio” per avere una migliore filtrazione.
Il Comune di Cetara è conosciuto da sempre per essere un borgo di pescatori, famoso per le alici salate che venivano vendute in loco o in modo itinerante un po’ in tutta Italia. Le alici salate venivano prodotte per essere conservate per i mesi invernali o quando la pesca era scarsa o nel caratteristico “terzigno” (piccola botte in legno) o in vasetti di terracotta smaltata all’interno.
I cetaresi cedevano il surplus e conservavano il liquido che gemeva dalle alici salate (colatura) e lo aggiungevano al vasetto che conservavano per le loro esigenze. Nel periodo natalizio la “colatura” si scambiava tra le famiglie di Cetara per condire gli spaghetti della vigilia.
La tradizione si è perpetuata fino ai giorni nostri e si è accresciuta tanto da far sorgere delle piccole e medie imprese artigianali sul territorio comunale ed immediatamente confinante.
Il prodotto è costituito dal liquido che deriva dall’estrazione (colatura) più o meno spinta delle alici salate mature. Trattasi di una soluzione salina di colore giallo ambrato ed in alcuni casi, quasi di mogano chiaro, profumo pungente di salsedine sapore piacevole di pesce conservato a base salata, commercializzato in bottiglie di vetro di varie dimensioni (125 ml, 250 ml, ecc.). La “colatura” si conserva in bottiglie di vetro chiuse a temperatura ambiente, una volta aperta in frigo o in luogo fresco al buio senza tappo con sopra un rametto di origano.
DESCRIZIONE PROCESSO PRODUTTIVO
Le alici da utilizzare per l’estrazione della colatura sono quelle pescate nel periodo maggio/agosto (dimensioni 38/40 alici x kg). L’areale di pesca è prevalentemente quella del Golfo di Salerno o al massimo anche il Golfo di Napoli ; le alici vengono pescate con la tecnica della “cianciola con utilizzo della Lampara” in modo che il pescato non venga rovinato. I fusti per salare le alici variano dai piccoli 2- 3 kg (sale ed alici) , ai medi 5 – 10 kg ai grandi 100/120 kg; i materiali utilizzati sono tradizionalmente, legno e/o terracotta per i piccoli e medi, plastica per i grandi. I contenitori vengono riutilizzati previa detersione e disinfezione.
Il sale utilizzato è il marino lavato pugliese di Santa Margherita di Savoia o siciliano di Trapani. Il sale doppio costa meno ma rovina la superficie delle alici e le rende poco adatte per i filetti quindi per un’ulteriore utilizzazione delle alici sfilettate è preferibile adoperare sale fino.
Le alici , desquamate, decapitate ed eviscerate vengono poste con la classica tecnica testa coda a strati alterni di sale ed alici e con l’ausilio di un collare (in teflon o legno), largo quanto il fusto ed alto circa 25 centimetri, vengono depositati strati di sale ed alici oltre il bordo. Completata questa fase il contenitore viene coperto con un disco di legno o teflon su cui si posizionano pesi proporzionati all’altezza delle alici nel contenitore ed al materiale che compone il contenitore stesso, circa 50 kg all’inizio del processo poi si riduce il “carico” man mano che va avanti la maturazione fino a scendere intorno ai 15- 20kg.
La maturazione dura dai 4 ai 6 mesi a secondo delle dimensioni delle alici e della temperatura di conservazione.
Importante è la preparazione della salamoia che si ottiene con acqua fredda e sale con una concentrazione di circa 22°Bè, si utilizza già dopo 24 ore e si aggiunge secondo necessità nei fusti di alici salate per mantenerle più umide. A partire da maggio si utilizza una maggiore percentuale di sale ( più di 25 kg per fusto) per la temperatura ambientale che tende ad aumentare; da metà agosto in poi viene diminuita la percentuale di sale in quanto si va incontro alla stagione invernale.
L’estrazione può avvenire con il metodo della “VRIALA”o foratura, del “CAPPUCCIO” , o “TRADIZIONALE CASALINGO”.
La resa in colatura da un fusto di circa 120 kg alici più sale è di 10 – 12 litri se si buttano le alici perché completamente pressate. Se le alici verranno utilizzate per fare i filetti, la resa sarà della metà.
La colatura ottenuta viene confezionata in bottiglie di vetro chiuse con tappo in sughero o con tappo metallico a vite, si può conservare al fresco ed al buio per diciotto , ventiquattro mesi.
Tutte le operazioni vengono effettuate a mano.
DESCRIZIONE DELLE METODICHE DI LAVORAZIONE
I° SALATURA(increscatura- desquamazione): Le alici appena pescate vengono portate presso le ditte per la lavorazione entro 12 – 18 ore , ed immerse in vasche di acciaio inox con salamoia (15°Bè c.a.) fredda, in alcuni casi anche con ghiaccio, dove sostano per minimo 2 ore massimo 12 ore per la desquamazione ed il rassodamento.
DECAPITAZIONE ED EVISCERAZIONE (scapezzamento). Le alici più piccole 70/80 per kg vengono salate intere per circa 15 giorni e poi una volta rassodate vengono decapitate ed eviscerate. Le alici giuste sono di dimensione 38/40 per kg e sono subito decapitate ed eviscerate.
II° SALATURA. Le alici poste a strati direzione testa coda con aggiunta di sale grosso fino a riempire il fusto un po’ oltre il bordo con l’aiuto di collari in teflon o legno.
PRESSATURA. Coperchio in legno o teflon con peso di circa 50 kg per 2 mesi (fusti da 120 kg) e poi “carico” più leggero 15/20 kg per il resto del periodo; i pesi sugli altri contenitori di alici salate saranno proporzionalmente più piccoli e varrà la stessa procedura.
ELIMINAZIONE Sangue e rabbocco di salamoia
MATURAZIONE. Il periodo oscilla dai 4 ai 6 mesi, dipende dalle dimensioni delle alici e dalla temperatura di conservazione , se necessario si aggiunge altra salamoia.
ESTRAZIONE:
a) VRIALA. I contenitori vengono portati in un ambiente separato e sollevati da terra per circa un metro e con una specie di trapano a mano “VRIALA” si pratica un forellino a 4 – 5 centimetri dal fondo del contenitore, e si lascia defluire “colare”; il primo liquido ancora torbido viene rimesso all’interno del contenitore,tale operazione viene ripetuta fino a quando il liquido uscirà limpido. Se non si estrae tutta la colatura , le alici possono essere utilizzate sfilettate sott’olio.
b) CAPPUCCIO. Le alici salate mature vengono sminuzzate con un bastone o con le mani direttamente nel contenitore oppure viene utilizzato un apposito frullatore, la “pasta” ottenuta viene introdotta nei cappucci di stoffa in locali freschi, ombreggiati, al riparo da polvere e da animali indesiderati. Per facilitare l’estrazione si aggiunge salamoia satura; la colatura si rimette nel cappuccio fino a quando fuoriesce limpida.
c) TRADIZIONALE – CASALINGO. Qualche famiglia di cetaresi ha mantenuto la tradizione di salare le alici in casa generalmente utilizzano contenitori in terracotta smaltata . Dopo due mesi circa dalla salatura viene asportato il liquido che fuoriesce dalla bocca del contenitore è messo in un fiasco di vetro ed esposto al sole diretto con un rametto di origano a mo di tappo per alcuni mesi. Si rimette nel recipiente con le alici salate e poi con una “vriala” si estrae una piccola quantità sufficiente per condire la pasta della vigilia.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Prodotto tipico: Rientra nell’elenco previsto dall’articolo 8 del Decreto legislativo 173/98 e dal successivo decreto ministeriale applicativo n.350 del 08.09.99 ed aggiornato con Decreto Ministeriale 19.06.07 e s.m.i. Reg. CE 2073/05 Capitolo 1.26 – Criteri di sicurezza alimentare, prodotti della pesca che hanno subito un trattamento di maturazione enzimatica in salamoia, ottenuto da specie ittiche associate con un tenore elevato di istamina (n = 9 c = 2 m = 200mg/kg M = 400 mg/Kg)
CONCLUSIONI
Da una sperimentazione effettuata su lotti di colatura provenienti da diverse ditte (Atti XVIII Convegno AIVI , Giugno 2008) è emerso come il principale pericolo connesso a questa lavorazione sia rappresentato dall’istamina. Ulteriori ricerche , alcune ancora in svolgimento hanno evidenziato che la “Colatura di alici di Cetara” , potrebbe contenere livelli di istamina superiori alla normativa vigente , infatti il processo tecnologico tradizionale “non sembra” garantire il mantenimento di concentrazioni di istamina a livelli inferiori ai limiti imposti dalla normativa vigente se non si garantiscono temperature di maturazione di massimo 25°C.
E’ opportuno una standardizzazione della tecnologia che si realizzi nella scelta di materie prime freschissime e nel controllo di alcuni parametri di processo come la concentrazione salina, pH e la temperatura dei locali dove avviene la maturazione delle alici salate.
Autori: Dott. Angelo Citro medico veterinario dirigente ASL SA ex SA1
Dott. Massimo D’Antonio medico veterinario dirigente ASL SA ex SA1
BIBLIOGRAFIA:
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- Citro A., Salvati G., Bruno G., – Il Nuovo progresso Veterinario n.8, 2008- pag.377-380.
- Citro A., D’Antonio M., Bruno G., Lanzardi M., Mercogliano R.- Tecnologia di produzione della colatura di alici di Cetara- Il pesce ottobre 2008
- Citro A.,D’Antonio Massimo, Bruno G. Differenti tecniche di estrazione e influenza della temperatura sulla produzione di istamina. Argomenti n.1, 73 – 76. 20102010
- Di Luccia et al. Componente proteica e lipidica della colatura di Alici. Qualità e sicurezza degli alimenti, V Convegno Nazionale di Chimica degli alimenti, Parma 9-12 giugno ,2003. Pagg. 531-535.
- Ferro R., Picariello G., Di Luccia A., (2004) Caratterizzazione proteica della colatura di alici di Cetara. Hydrores Information – M. Bussani & c. eds., Trieste pagg. 43-49
- Hubert Annie – Odore forte, forse di pesce;Slow n.22 luglio/settembre 2001
- Panzardi M., Marrone R., Vollano L., Colarusso G., D’Antonio M., Mercogliano R. La colatura di alici cetrese: valutazione delle caratteristiche fisico-chimiche durante il processo di lavorazione. Atti del XVIII Convegno Nazionale AIVI – Sabaudia 11-13 giugno 2008
- Salza Prina Ricotti – L’importanza del pesce nella vita, nel costume e nell’industria del mondo antico in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia Vol. LXXI, 1998-1999 pp.111-165
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