venerdì 22 febbraio 2013

E' bello diffondere un'altra iniziativa scolastica condotta all'IPSSAR di Capri. Gli studenti dell'Axel Munthe si stanno preparando per partecipare al concorso internazionale "Gran Trofeo d'Oro della " Ristorazione di Brescia. Per l'occasione, hanno realizzato un messaggio promozionale a favore delle tipicità bresciane. Dategli uno sguardo: http://www.youtube.com/watch?v=OxSg61Ia67k

sabato 2 aprile 2011

'Food Movies. L'immaginario del cibo e il cinema' di Alberto Natale


Le rappresentazioni del cibo nella letteratura e nel cinema sono in se stesse poco più che un ovvio corollario dell’importanza che gli atti alimentari rivestono nella storia umana. Il punto di vista privilegiato consiste nella loro libera natura di manifestazioni “disincarnate” rispetto alla realtà quotidiana, riscritture simboliche del rapporto materiale e simbiotico ereditato dagli uomini, nella lunga durata che ha caratterizzato le trasformazioni del nutrimento biologico in pratica culturale e sociale.
Si è cercato pertanto di individuare in tre filoni altamente rappresentativi dell’immaginario alimentare (il cibo assente e il fantasma della fame, le rappresentazioni di status come indicatori di riconoscimento di un gruppo sociale e i valori aggiunti della convivialità e della tavola come elementi antropologici universali) le corrispondenze cinematografiche, che alcuni film emblematici rendono disponibili per un’analisi comparativa delle raffigurazioni del cibo e del suo ruolo come motore narrativo, capace di trasfigurare il semplice sostentamento del corpo, nei motivi culturali del gusto e della competenza gastronomica.

Alberto Natale collabora con il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna. Si è laureato con Piero Camporesi e ha fatto parte del suo gruppo di ricerca iniziando ad occuparsi di letteratura di consumo nell’età moderna. Ha tra l’altro pubblicato: La piazza delle crudeltà e delle meraviglie, in La festa del mondo rovesciato (Il Mulino, 2002), I mostri in fuga dal Serraglio, in Sculture di carta e alchimie di parole (Il Mulino, 2008), Gli specchi della paura. Il sensazionale e il prodigioso nella letteratura di consumo (Carocci, 2008).

FOOD DESIGNING di Martí Guixé


Questo volume documenta il lavoro di Martí Guixé attorno al food design, facendo il punto sulla sua ricerca dai primi progetti del 1995 agli ultimi lavori del 2010. Anche il cibo può essere progettato: Martí Guixé ne dà innumerevoli esempi squadrando patate, costruendo strutture molecolari a base di olive e stuzzicadenti, dando immagine alle torte decorandole con il grafico della percentuale dei loro ingredienti, persino ideando cibi sponsorizzati.

Tradizione, comunicazione e cultura si fondono nei progetti di Martí Guixé e nella loro presentazione in questo libro: la combinazione di curiosità, ironia e meticolosità del designer catalano lusinga gli occhi e stimola riflessioni sul cibo e sul suo contesto. Chi detiene il diritto al possesso della pietanza? Da quale istante il piatto diventa del cliente e non più del ristorante? Esiste un diritto o un divieto di manipolazione del piatto, per esempio aggiungendo dei condimenti?
A metà strada fra la classificazione e la sperimentazione gastronomica, i progetti di Martí Guixé sono soprattutto “riduzioni” di idee in campo alimentare, soluzioni per adeguare la cucina alla realtà dei nostri giorni e proporre nuovi modi di relazionarsi al cibo.

Il volume si compone di 3 sezioni: la prima è dedicata esclusivamente a fotografie di ogni tipo di cibo scattate in tutto il mondo da Martí Guixé e Inga Knölke; la seconda comprende testi di Beppe Finessi, Octavi Rofes, Inga Knölke e Jeffrey Swartz, con un’incursione di domande/risposte attorno alla ribollente disciplina del food design; la terza è il repertorio completo di tutti i progetti di food design di Martí Guixé, con fotografie di Inga Knölke.

Martí Guixé è nato a Barcellona nel 1964. Vive e lavora “su materia vivente” tra Barcellona e Berlino dedicandosi all’invenzione di “brillanti e semplici idee di una curiosa serietà”; ha collaborato con aziende come Camper, Chupa-Chups, Desigual, Droog Design, Saporiti e Watx. Ha esposto al MoMA di New York, al Design Museum di Londra, al MACBA di Barcellona, al Mudac di Losanna e al Centre Pompidou di Parigi.
Food designing è il suo quinto libro per Corraini dopo Toy weapons, Blank Book, Tattoo Book e Food Book.

lunedì 15 novembre 2010

Il limoncello - una specialità della Terra delle Sirene







La buccia gialla e rugosa del limone è l’ingrediente essenziale per la realizzazione di questo liquore la cui paternita e’ contesa tra le due costiere, quella amalfitana e sorrentina e l’isola di Capri.
Per difendersi dalle imitazioni, si è corso anche ai ripari, riservando alla produzione del caratteristico «ovale» sorrentino (il “femminello”) o lo sfusato amalfitano IGP la denominazione di Indicazione geografica protetta (Igp). Infatti, l’originale limone di Sorrento deve essere prodotto in uno dei comuni del territorio che va da Vico Equense a Massa Lubrense e nell’isola di Capri.

Una visita per scoprire i segreti del Provolone del Monaco DOP







Grazie alla collaborazione dei caseifici locali abbiamo potuto approfondire le tecniche tradizionali di lavorazione del latte nella penisola sorrentina. Salvatore Perrusio ha condiviso con noi la sua esperienza e ci ha aperto le porte della sua realtà produttiva.
Un grazie di cuore...

venerdì 22 ottobre 2010

Olio di oliva: la filiera produttiva


L’olio di oliva è il prodotto ottenuto dalle olive meccanicamente o con altri processi fisici, in condizioni termiche tali da non alterarli e che non hanno subito nessun trattamento tranne il lavaggio, la decantazione, la centrifugazione e la filtrazione. Tale prodotto viene definito “vergine”, che sia o meno commestibile. Infatti solo se rispondente a determinate caratteristiche compositive e sensoriali, può essere destinato all’alimentazione senza raffinazione.
Tra i fattori che influenzano la qualità di un olio vergine, sia sotto l’aspetto chimico-fisico delle componenti che dal punto di vista organolettico possono essere annoverati: la cultivar (varietà di olivo coltivata); l’area geografica di coltivazione; le condizioni climatiche; il grado di maturazione delle olive; i metodi di raccolta; tempi e luoghi di conservazione delle olive; tecnologia di lavorazione (estrazione…); conservazione dell’olio; igiene e pulizia generali; tempo e temperatura di gramolazione; trattamenti alla pianta e al terreno.
Come tutte le materie grasse il 99% circa dell’olio di oliva è costituito da acidi grassi ed il rimanente 1% dalla frazione insaponificabile.
Gli acidi grassi sono presenti nell’olio essenzialmente come costituenti dei trigliceridi, esteri della glicerina (pochissimi sono gli acidi grassi liberi: che, invece, quando presenti in grandi quantità comportano un aumento del valore dell’acidità, quindi la possibilità degli oli di ossidarsi). Gli acidi grassi sono formati da molecole contenenti atomi di carbonio legati tra loro da legami semplici (saturi, acido palmitico, acido stearico) o uno o più doppi legami (monoinsaturi, acido oleico, e poliinsaturi, acido linoleico, e altri).
Frazione inaponificabile è costituita da alcoli, steroli, polifenoli, composti minori polari (CMP), idrocarburi, vitamine liposolubili, clorofille, sostanze aromatiche, ecc…). Queste sostanze sono responsabili delle proprietà organolettiche quali i profumi (fruttato), gli odori (mela, carciofo, mandorla, pinolo, erba, foglia), dei gusti tipici (amaro, piccante, dolce…), delle proprietà biologiche quali le capacità antiossidanti conservanti e salutari. Sono, inoltre, marker (sostanze guida) per evidenziare la presenza di eventuali frodi.
Alle sostanze antiossidanti (Polifenoli, CMP) si deve la capacità di un olio a resistere all’ossidazione (irrancidimento). Il loro effetto è quello di ossidarsi al posto dei grassi consumandosi nel tempo; hanno quindi azione protettiva (sia sull’olio, che nei confronti delle ossidazioni prodotte dai radicali liberi sulle cellule del corpo umano); la loro quantità è indice del grado di invecchiamento di un olio e della sua conservabilità. La quantità di antiossidanti dipende anche dal tipo di cultivar e dal periodo di raccolta (maggiori nelle olive verdi, diminuiscono con la maturazione).
Le clorofille conferiscono la colorazione verde. In presenza di luce si degradano, cambiando il colore dell’olio a giallo, e hanno effetto dannoso sugli acidi grassi permettendone l’ossidazione; in assenza di luce invece si comportano da antiossidanti insieme ai polifenoli.
Data la sua composizione (basso contenuto di gliceridi polinsaturi e presenza di numerosi composti con azione antiossidante) è l’olio che meno di tutti si degrada quando viene sottoposto all’azione dell’alta temperatura in cottura e frittura: riscaldato a 200°C mantiene ancora tutte le sue caratteristiche.

La pianta dell’olivo, il cui nome botanico è “olea europea sativa”, famiglia oleacee, esiste in numerose varietà, con oltre 700 tipi locali, “cultivar”, diffuse in un area che si estende tra il 35° e il 45° parallelo di latitudine nord, una fascia a clima temperato che ben corrisponde alle sue esigenze in fatto di temperatura massima e minima.

Il frutto è una drupa costituita, dall’esterno verso l’interno, da epicarpo, mesocarpo ed endocarpo.
L’epicarpo o buccia, rappresenta l’1% del frutto, è costituito da cellule che presentano la parete esterna rivestita da una spessa cuticola che ne ricopre l’intera superficie.

Il mesocarpo, o polpa, costituisce la parte mediana della drupa. Costituisce il 70% del frutto. E’ la parte che contiene l’olio.
L’endocarpo, o nocciolo, è l’ involucro legnoso che costituisce la parte esterna del nocciolo. Costituisce il 29% del frutto. Racchiude il seme contenente l’embrione.

Solo una piccola percentuale dei fiori si trasforma in frutto, a causa delle abbondanti cadute precoci. I frutti cominciano a svilupparsi nel corso dell’estate, e raggiungono intorno a settembre la fase detta dell’invaiatura, l’inizio cioè dell’effettiva maturazione con il mutamento della coloritura esterna verso il bruno. La maturazione completa viene raggiunta, a seconda delle regioni, in un periodo compreso tra novembre e gennaio.
Durante il periodo dell’accrescimento della drupa avviene la fotosintesi con la sintesi di zuccheri e acidi organici. Nella fase dell’invaiatura, il colore esterno della drupa cambia dal verde a giallo, rossastro, violaceo fino a colore scuro: inizia l’inoliazione nella polpa diminuisce il contenuto in acqua, zucchero e acidi e aumenta quello in olio. I lipidi sono prodotti dalla pianta e vengono accumulati, come riserva di energia, nei semi e nei frutti: si trovano sotto forma di piccole gocce che si accrescono nella cellula, racchiuse da membrane che impediscono il contatto col materiale cellulare (ricco di enzimi che ne provocherebbero la decomposizione). Con il procedere della maturazione l’olio occupa fino all’80% dello spazio intracellulare, racchiuso in strutture vacuolari, e costituisce l’olio libero estraibile, mentre una residua parte si trova come goccioline nel citoplasma cellulare (di difficile estrazione). Si forma la pruina perché non occorre più che entri acqua nel frutto, utile per il suo accrescimento e per i processi metabolici.
MATURAZIONE: cresce nella drupa la quantità di olio, contemporanea all’invaiatura, fino a un valore massimo, compatibile col tipo di cultivar e le condizioni climatiche, dopo il quale la drupa comincia a raggrinzire perdendo acqua e cominciando a consumare le sostanze antiossidanti. Il grado di maturazione al momento della raccolta delle olive influenza le caratteristiche organolettiche, percepite all’assaggio, e il colore dell’olio: una raccolta precoce dà oli più verdi con note di amaro e piccante, caratteristiche presenti negli oli toscani o pugliesi che sono ricchi di clorofilla; più gialli e con bassa acidità invece per olive mature; maggiore acidità (e minor quantità di acidi polinsaturi) unita a un fruttato dolce per olive molto mature.
Alla fine della maturazione l’oliva risulta così composta: 50% acqua, 20-24% olio, 20% carboidrati, 6% cellulosa, 1.5% proteine, 1,5% ceneri.



PROCESSO PRODUTTIVO

RACCOLTA La raccolta dell’oliva deve avvenire al punto giusto di inolizione e contenuto di antiossidanti, in modo da garantire la migliore qualità organolettica. Tale momento varia a seconda delle zone, della varietà di oliva e del clima.
Per ottenere un olio di elevata qualità le olive andrebbero raccolte direttamente dall’albero per distacco forzato. Il metodo qualitativamente migliore, sebbene economicamente svantaggioso, è quello la brucatura cioè la raccolta a mano. Quando gli alberi raggiungono grandi altezze si effettua la raccolta con l’ausilio di pettini (pettinatura).
La raccolta con mezzi meccanici consiste nel far cadere le olive su reti poste sotto la chioma, preferibilmente sollevate da terra in modo da evitare il contatto con il suolo. La raccolta meccanica, se da un lato consente di ridurre i tempi di lavorazione, di ridurre la manodopera, dall’altro sottopone la pianta a sollecitazioni traumatiche.
Durante la raccolta dovrebbero essere prese tutte le precauzioni necessarie per evitare la rottura e lo schiacciamento del frutto o la contaminazione dello stesso a causa di materiali del terreno. �
TRASPORTO È molto importante che le olive vengano trasportate con ogni precauzione e nei tempi più brevi al frantoio. L’ideale sarebbe che le olive arrivassero in 24/48 ore al frantoio per preservarne le caratteristiche: infatti dopo la raccolta le olive continuano la loro vita vegetativa e ogni manipolazione si ripercuote sulla qualità del frutto e quindi dell’olio. Durante il trasporto i frutti devono essere preservati dalla rottura e dallo schiacciamento, che li rende attaccabili dai microrganismi e ne accelera i processi ossidativi e l’aumento dell’acidità libera.
STOCCAGGIO DELLE OLIVE Più breve è il periodo di immagazzinamento migliore risulta la qualità dell’olio. In questo periodo le olive vengono messe nell’olivaio, un locale dell’oleificio ben ventilato e fresco (la temperatura ottimale è 8 – 10°C), con finestre protette de reti contro la dacus oleae (mosca dell’olivo).
Lo stoccaggio delle olive avviene in strati di altezza non superiore a 15/20 cm (in cumulo), su pavimento lavabile non poroso; da rivoltare periodicamente per aereare e impedire muffe e fermentazioni. E’ possibile stoccare le olive anche su graticci, con strati di 10 cm; mentre va assolutamente escluso l’uso di sacchi chiusi di ogni tipo.
In alternativa lo stoccaggio delle olive può avvenire in cassette di capacità massima 30 Kg di plastica forata ed in locali ben aerati.

DEFOGLIATURA Consiste nel liberare le olive raccolte dal materiale estraneo a cui sono frammiste: foglie, rami. Il peso di tali materiali non dovrebbe eccedere l’1% del totale della raccolta. Poche foglie, infatti, sono utili perché migliorano il sapore del fruttato ed aumentano il contenuto in antiossidanti (tocoferoli), influiscono, quindi, positivamente sulla conservabilità dell’olio. Troppe foglie, invece, peggiorano le qualità sensoriali conferendo all’olio un sapore aspro-amaro, rendendolo ricco in tannini, inoltre possono conferire una eccessiva colorazione verde causata dalla solubilizzazione della clorofilla.
LAVAGGIO Il lavaggio serve per liberare le olive dalle particelle di terreno che aderiscono all’epicarpo delle drupe. Le olive, pulite da rami e foglie, tramite una tramoggia e un nastro trasportatore vengono trasferite nella lavatrice per un lavaggio delicato con acqua potabile a temperatura ambiente; questa operazione contribuisce a migliorare la qualità delle olive e quindi dell’olio, purché le drupe non siano troppo mature o già danneggiate. Il lavaggio deve precedere di poco la lavorazione perché l’acqua favorisce le fermentazioni e l’azione di enzimi idrolitici.

FRANGITURA E GRAMOLAZIONE Sono le operazioni che portano ad ottenere la pasta di oliva che sarà sottoposta alla spremitura vera e propria. Frangere vuol dire letteralmente rompere: la polpa e i noccioli delle olive vengono lacerati attraverso un energico trattamento, eseguito con la molazza o con i più moderni e rapidi frangitori a martelli o a dischi. In questa fase infatti vengono rotte le bucce, le cellule della polpa, in modo che le gocce di olio possano fuoriuscire ed unirsi. La pasta così ottenuta viene sottoposta ad un lento rimescolamento nelle gramole, in modo da rompere le emulsioni acqua-olio formatesi durante la frangitura, riunendo le goccioline di olio in gocce sempre più grandi e più facilmente separabili.
METODI DI ESTRAZIONE Una volta preparata la pasta dì oliva si procede alla fase dell’estrazione vera e propria che porta alla definitiva separazione delle tre componenti della pasta: sansa, olio, acqua di vegetazione. Esistono vari metodi per giungere al prodotto finito e a grandi linee possono essere ricondotti a due grandi gruppi fondati sul carattere continuo o discontinuo dell’operazione. Al primo gruppo fa capo il più tradizionale dei sistemi, l’estrazione per pressione meccanica; al secondo appartengono il sistema estrattivo per centrifugazione e quello per percolazione.
L’estrazione per pressione meccanica, il sistema tradizionale, prevede che la pasta sia posta su dischi, i fiscoli, che vengono impilati sotto la pressa che fa fuoriuscire la componente liquida oleosa. La parte solida che resta è la sansa.
Il metodo continuo per centrifugazione permette la separazione dell’olio dalla parte solida in un decanter, con l’uscita di sansa e di una o due parti liquide; successivamente nella centrifuga verticale si separa l’olio dall’acqua.
Il metodo per percolazione sfrutta la diversa tensione superficiale dell’olio rispetto all’acqua e il meccanismo della coalescenza; con l’immersione continua di lamine di metallo nella pasta di olive viene raccolto il liquido che aderisce al metallo. Con questo sistema si estraggono circa due terzi dell’olio contenuto nella pasta; la parte residua viene separata in un decanter.
SEPARAZIONE La separazione dell’olio dal mosto oleoso viene effettuata per mezzo di separatori centrifughi ad asse verticale, che funzionano sul principio della separazione di sostanze diverse (olio e residui di acqua e solidi) per peso specifico diverso, in un campo di forze centrifughe.
SCHEMA IMPIANTO TRADIZIONALE Gli impianti tradizionali o discontinui sono quelli che utilizzano per la frangitura le antiche ruote di pietra, le molazze, che schiacciano le olive per pressione meccanica (presse ad olio).
FRANTOIO MODERNO CONTINUO Dalla lavatrice defogliatrice, le olive arrivano opportunamente dosate al frangitore, con formazione continua della pasta che va alla gramola; quindi, addizionata opportunamente di acqua, la pasta è inviata alla centrifuga orizzontale, il decanter, che, sfruttando il principio della centrifugazione ad elevato numero di giri per avere una più rapida ed efficace separazione della pasta nei suoi tre componenti, sansa, acqua di vegetazione e mosto olio. L’olio e l’acqua di vegetazione sono inviati ai separatori centrifughi per estrarre l’olio.
CHIARIFICAZIONE – FILTRAZIONE L’olio estratto dalla pasta contiene ancora acqua in emulsione e particelle del frutto e mucillagini in sospensione: è un olio ancora grezzo (mosto), torbido ed opalescente per le impurità. La chiarificazione consente di allontanare dall’olio queste sostanze che nel tempo ne compromettono la qualità favorendo fenomeni di ossidazione, di idrolisi e di fermentazione.
La chiarificazione tradizionalmente si otteneva mediante sedimentazione, ovvero lasciando depositare a lungo l’olio al riparo da sbalzi di temperatura ed eliminando i residui mediante il prelievo con mestoli. Oggi si preferisce operare una filtrazione.
CONSERVAZIONE e STOCCAGGIO L’olio va conservato al riparo da tutti quei fattori che possono danneggiarlo irrimediabilmente : la luce, il calore, l’ossigeno dell’aria, il materiale dei contenitori.
Temperatura : la temperatura ottimale è sui 14-18°C ;
Ossigeno: L’olio di oliva è formato per più del 85% da acidi grassi che, a contatto con l’ossigeno atmosferico, tendono a degradarsi tanto che lo rendono immangiabile. Per loro fortuna gli oli di oliva, possiedono una serie di composti minori, tra cui tocoferoli e polifenoli, che oltre a determinarne un maggior valore nutrizionale, svolgono un’importantissima azione antiossidante in grado di salvaguardare l’olio nel tempo.
Luce: Un olio in una bottiglia di vetro trasparente, sottoposto ai raggi solari o ad una luce artificiale subirà rapide alterazioni del proprio colore e del proprio sapore. Contrariamente a quanto si possa pensare oli, di colore verde intenso, per la loro abbondanza in clorofille, devono essere maggiormente protetti dalle radiazioni per evitarne la degradazione.
Contenitori: I contenitori per lo stoccaggio dell’olio appena prodotto sono attualmente i serbatoi inox, spesso in atmosfera di azoto inerte. I contenitori ideali per la vendita al dettaglio che riparino l’olio da luce, aria ed alte temperature sono le bottiglie di vetro scuro o le confezioni in latta.

I principali difetti cui l’olio può andare incontro sono quelli di:
• terra dovuto ad olive imbrattate sul terreno;
• verme dovuto ad olive attaccate dalla mosca;
• incotto dovuto ad olive gelate;
• marcio dovuto ad olive marcite;
• amaro dovuto ad olive lavorate con troppe foglie;
• muffa dovuto ad olive muffite.
Le alterazioni cui va soggetto l’olio di oliva sono essenzialmente di due tipi:
• alterazioni di carattere biochimico, ovvero idrolisi, ovvero irrancidimento idrolitico;
• alterazioni di carattere chimico, ovvero autossidazione, ovvero irrancidimento ossidativo.
L’ irrancidimento idrolitico è operato da enzimi normalmente contenuti nell’oliva (le lipasi) in presenza di acqua e rappresenta la rottura dell’estere con il ritorno ad acidi grassi liberi. L’azione maggiore è nei frutti caduti o ammassati.
L’irrancidimento idrolitico comporta l’aumento dell’acidità organica e quindi diminuzione del valore commerciale del prodotto; la liberazione di acidi grassi a lunga catena provoca l’alterazione del gusto; la presenza di acido palmitico o stearico conferisce, ad esempio, all’olio il gusto di candela; la liberazione di acidi grassi insaturi che predispone l’olio all’altra e più grave alterazione di carattere chimico.
Tra i rimedi per l’irrancidimento idrolitico alcuni sono preventivi, altri curativi.
Tra i primi: evitare l’azione della lipasi e, lavorare frutti sani; effettuare una razionale conservazione delle olive (a temperatura non superiore ai 15 °C) ; operare razionalmente in fase di lavorazione; conservare l’olio a temperatura piuttosto bassa.
Tra quelli curativi, destinare l’olio alla rettifica, in funzione dell’acidità libera.
L’irrancidimento ossidativo comprende le alterazioni cui vanno soggetti i grassi per azione dell’ossigeno, in presenza di catalizzatori. Questo processo induce alla formazione di un radicale libero che porta la molecola a formare un radicale perossidico, il quale, attaccandosi ad un altro acido grasso forma l’idroperossido. Gli idroperossidi sono composti instabili, facilmente modificabili con formazione dei prodotti primari di ossidazione. La decomposizione degli idroperossidi comporta inoltre difetti di sapore quali: rancido, metallico, ossidato, pesce, latta e cartone.
L’irrancidimento ossidativo comporta modifiche di sapore dell’olio e perdita di valore nutritivo. L’irrancidimento ossidativo viene misurato con l’analisi del numero di perossidi (numero di prodotti di ossidazione primaria) e analisi spettrofotometrica (prodotti di ossidazione primaria, radicale perossidato a K232 nm, e di ossidazione secondaria, radicale idroperossido a K270 nm).
Tra i rimedi preventivi occorre evitare il contatto dell’olio con l’ossigeno e con i metalli. I rimedi curativi prevedono, anche in questo caso, la rettifica dell’olio.

La qualità riconosciuta agli oli extravergini è la risultante di due diversi ordini di indagine: da una parte, le analisi chimico-fisiche, intese ad accertare la reale composizione in termini percentuali della materia grassa ed il suo grado di acidità; dall’altra, l’esame organolettico, che giudica l’olio dal punto di vista delle sue caratteristiche visive, olfattive, e di gusto e ne valuta pregi e difetti.
La classificazione degli oli di oliva nella Comunità Europea, infatti, prevede la suddivisione delle varie tipologie in conformità a numerose caratteristiche chimico-fisiche e attraverso l’analisi sensoriale (Panel Test), come riportato rispettivamente dal Reg. CE n. 2568/91 e successive modifiche, dal Reg CE 1513/2001, dal Reg CE 796/2002, e dal Regolamento (CE) n. 702/2007

Denominazioni e definizioni degli oli di oliva Regolamento (CE) n. 702/2007
Oli di oliva vergini: Oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni segnatamente termiche, che non causano alterazioni dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solventi o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.
Detti oli di oliva sono oggetto della classificazione e delle denominazioni che seguono:
- Olio di oliva vergine extra: Olio di oliva vergine di gusto assolutamente perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,8 g per 100 g;
- Olio di oliva vergine: olio di oliva vergine di gusto perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 2 g per 100 g;
- Olio di oliva vergine corrente: Olio di oliva vergine di gusto buono, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 3,3 g per 100 g;
- Olio di oliva vergine lampante: Olio di oliva vergine di gusto imperfetto, la cui acidità espressa in acido oleico è superiore a 3,3 g per 100g.
- Olio di oliva raffinato: Olio di oliva ottenuto dalla raffinazione di oli di oliva vergini, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,3 g per 100 g.
- Olio di oliva: Olio di oliva ottenuto da un taglio di olio di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 1,5 g per 100 g.
- Olio di sansa di oliva greggio: Olio ottenuto mediante trattamento al solvente di sansa di oliva, esclusi gli oli ottenuti con processo di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.
- Olio di sansa di oliva raffinato: Olio ottenuto dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,3 g per 100 g.
- Olio di sansa di oliva: Olio ottenuto da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 1 g per 100 g.

ANALISI SENSORIALE
L’olio di oliva vergine è il primo prodotto alimentare per cui sia stata stabilita una metodologia per la valutazione e classificazione organolettica che costituisce una discriminante merceologica.
L’allegato XII del regolamento CEE 2568/91 riporta tutte le indicazioni per questa determinazione, il metodo panel test (particolare metodologia analitica standardizzata che vede operare un gruppo di assaggiatori selezionati, istruiti ed allenati). A un gruppo di assaggiatori scelti, costituiti in panel, spetta il delicato compito di posizionare un olio in una scala numerica stabilita in rapporto agli stimoli del suo flavour e quindi di decretarne la categoria merceologica di appartenenza.
Il momento dell’assaggio richiede molta attenzione, si versa un cucchiaio d’olio nell’ apposito bicchiere tulipano e si scalda con le mani la parte della sua larga base. A questo punto si sottopone l’olio all’esame olfattivo e gustativo.
Esame visivo
Facendo girare l’olio sulle pareti, se ne osserva il colore: le varie sfumature di verde e di giallo indicano la presenza, rispettivamente, di più clorofilla o caroteni. Agli occhi risalta poi la limpidezza: un olio limpido, è un olio filtrato o con decantazione naturale.
Esame olfattivo
Portato il bicchiere al naso, si ispira intensamente e per brevi tratti. La complessità di questo esame sta nel dare a ogni odore percepito un attributo, in base a una scala di valori. Innanzitutto se ne valuta l’intensità, che va da “appena percettibile” a “molto intenso”. E poi la composizione: il riferimento qui è al grado di maturazione dell’oliva. Si dice “fruttato” quando si avverte l’odore del frutto fresco; “fruttato maturo” quando si avvicina al frutto dolce.
Esame gustativo
Si procede con l’assunzione di un sorso d’olio e lo si ripartisce nella cavità orale, partendo dalla punta della lingua fino a raggiungere i lati e tutta la sua parte posteriore. In questo momento si concentra già l’attenzione sulle note di amaro in fondo la lingua e piccante sopratutto in gola e sulle gengive. Infine Si procede cercando di aspirare aria tra i denti, per far evaporare gli aromi nel palato e percepire le sensazioni retro-olfattive. Solo dopo, un palato sensibile e attento può cogliere gli aromi secondari, come la presenza di note di mela, pomodoro, carciofo ed erba tagliata. In conclusione si espelle il tutto e ci si prepara ad una nuova degustazione magari masticando un pezzetto di mela per pulire la bocca.
Glossario dell’assaggio
Acqua di vegetazione: Flavour caratteristico acquisito dall’olio a causa di cattiva decantazione e prolungato contatto con le acque di vegetazione.
Amaro: Sapore caratteristico dell’olio ottenuto con olive verdi o invaiate; può essere più o meno gradevole secondo l’intensità.
Aspro: Sensazione caratteristica di alcuni oli che all’assaggio producono una reazione orale – tattile di stringenza.
Cetriolo: Flavour che si riproduce nell’olio durante un imbottigliamento ermetico eccessivamente prolungato, particolarmente in lattine.
Cotto: Flavour caratteristico dell’olio dovuto ad un eccessivo e/o prolungato riscaldamento durante l’ottenimento.
Dolce: Sapore gradevole percepito quando non primeggiano gli attributi amaro, astringente e piccante.
Erba: Flavour caratteristico dell’olio che ricorda l’erba appena tagliata.
Fieno: Flavour caratteristico dell’olio che ricorda l’erba più o meno secca.
Fiscolo: Flavour caratteristico dell’olio ottenuto con fiscoli sporchi di residui fermentati.
Ferro (metallico): Dovuto a cattive condizioni igienico nel corso della lavorazione o dello stoccaggio; è un difetto facilmente identificabile.
Foglia: Un sapore amarognolo dovuto alla molitura, insieme alle olive, della foglie.
Fruttato: Flavour caratteristico dell’olio che ricorda l’odore ed il gusto del frutto sano, fresco e colto al momento ottimale.
Mandorlato: Può manifestarsi in due modi, quello tipico della mandorla fresca, o quello tipico della mandorla secca e sana; si apprezza come un retrogusto e si associa agli oli dolci e di sapore smorzato.
Mela: Flavour caratteristico dell’olio che ricorda questo frutto.
Morchiato: Un olio vergine, se non viene filtrato, decantando può liberare delle impurità vegetali che, se vengono lasciate a contatto con l’olio, gli comunicano il caratteristico sapore stantìo detto appunto morchiato.
Muffa: Caratteristico sentore avvertibile immediatamente all’esame olfattivo che deriva da frangitura di olive ammuffite.
Rancido: Difetto molto comune che si verifica soprattutto per invecchiamento, esposizione prolungata alla luce, calore o aria. Aumenta con il passare del tempo fino a sovrastare ogni gusto.
Riscaldo: Flavour caratteristico dell’olio ottenuto da olive ammassate che hanno sofferto un grado avanzato di fermentazione.
Saponoso: Flavour con una sensazione olfatto – gustativa che ricorda quella del sapone verde.
Stanco: Difetto di un olio troppo invecchiato e languente.
Terra: Flavour caratteristico dell’olio ottenuto da olive sporche di terra e non lavate; in qualche caso si manifesta insieme al sapore di muffa.
Verme: Difetto grave causato dalla mosca olearia e dalle sue larve; produce un olio dal sapore molle e leggermente putrido, di solito accompagnato da acidità accentuata.
I pregi da richiedere ad un olio saranno l’armonia dei sapori evidenziabile sia all’olfatto che al gusto: nell’olio non devono infatti prevalere le note aromatiche particolarmente marcate.
L’olio deve possedere una sua rotondità, presentando un corpo pastoso che riempia e soddisfi l’assaggio: il sapore deve pertanto essere uniforme sia all’inizio dell’assaggio che nel retrogusto.
Un altro pregio dell’olio è di essere vivo, unire cioè una certa freschezza ad un fruttatino, che in qualche caso può causare lievi pizzicori in gola, ma che è garanzia della freschezza dell’olio acquistato.

La colatura di alici di Cetara: il processo produttivo


Secondo molti storici gastronomi la “colatura” deriverebbe direttamente dal “garum “ e dal “liquamen “ dei romani e di questi sono giunte fino a noi numerose ricette ; tutte utilizzavano come materie prime pesci più o meno grassi con le loro interiora con l’aggiunta di sale e spezie poi messi al sole per tempi oscillanti dai venti/ trenta giorni fino a mesi e da cui si otteneva una salsa liquida o semisolida molto forte da coprire ogni altro sapore. Essi venivano infatti usati come sostituti del sale e per insaporire ed arricchire gli alimenti.
Ciò che è fermentato può essere gradito e quindi piacevole per gli uni ma sinonimo di decomposto e quindi ripugnante per altri. La scelta del grado ottimale di fermentazione varia a secondo della tradizione culturale. Il concetto di marciume ottiene dunque più alla sfera culturale che a quella biologica, nella misura in cui un alimento diventa inadatto al consumo in base a criteri legati soprattutto ai gusti, alle rappresentazioni ed al concetto di igiene delle diverse società umane . (A. Hubert 2001). La “colatura” è molto più conosciuta all’estero che in Italia, gli asiatici in generale ed i giapponesi in particolare sono dei grandi conoscitori ed appassionati di questo prodotto che ben si sposa alla loro cultura gastronomica. Simile alla “Colatura” sono il “Nuoc Mam” vietnamita e il “Nam Plaa” tailandese che sono oggi condimenti familiari in Europa ; il loro forte, caratteristico odore è stato per molto tempo considerato ripugnante, che non evoca profumi o aromi idilliaci tant’è che veniva paragonato, dai coloniali francesi, in Indovina, come odore «di ragazzina che si lava poco». Accanto a queste capacità di condimento alcuni lavori hanno messo in evidenza la presenza di acidi grassi insaturi ed una evidente proteolisi delle proteine del muscolo (Di Luccia et al. 2003- Ferro et al. 2004). L’elevata presenza di acidi grassi liberi insaturi potrebbe essere ascritta al processo di disgregazione cellulare che avviene nel corso della fermentazione del pesce, anche importante è la presenza di “sfingosina”. La “Sfingosina” è un alcol che funge da precursore per le sfingomieline, i cerebrosidi ed i gangliosidi ed a essi è attribuito il ruolo di recettori dei segnali delle cellule neurali e la loro presenza nella colatura lascia supporre proprietà antistress.
STORIA
Le origini della “Colatura “ si fanno risalire ad un episodio specifico accaduto intorno al XIII secolo ad opera dei Monaci Cisticercensi dell’Antica Canonica di San Pietro a Tuczolo, sull’omonimo colle vicino ad Amalfi. I Monaci salavano le alici pescate tra maggio ed agosto in botti le cui doghe, scollate dal tempo, non erano più adatte a tenere il vino. Le botti venivano sistemate su coppie di travi in legno poste parallelamente, murate a mezzo metro di altezza dal pavimento dette “mbuosti”. Man mano che il sale maturava le alici, faceva perdere loro il restante liquido che “colava” attraverso le fessure delle botti ed inondava il locale di un profumo forte e piacevole ed i monaci pensarono bene di usarlo sulle verdure cotte come broccoli, patate,etc.
Un’altra versione che fa riferimento sempre agli stessi Monaci nello stesso periodo parla di un battello che stava trasportando “terzigni” di alici salate per mare e dopo una burrasca , quando il cuoco scese nelle stive per prendere un po’ di acciughe salate da utilizzare in cucina fu colpito dal profumo intenso che si sprigionava dal liquido che “colava” dalle doghe allentate dai movimenti della burrasca. In ambedue le versioni la scoperta della colatura di alici fu divulgata dai monaci ai pescatori che applicarono delle modifiche nella lavorazione utilizzando per alcune produzioni anche una sorta di “cappuccio” per avere una migliore filtrazione.
Il Comune di Cetara è conosciuto da sempre per essere un borgo di pescatori, famoso per le alici salate che venivano vendute in loco o in modo itinerante un po’ in tutta Italia. Le alici salate venivano prodotte per essere conservate per i mesi invernali o quando la pesca era scarsa o nel caratteristico “terzigno” (piccola botte in legno) o in vasetti di terracotta smaltata all’interno.
I cetaresi cedevano il surplus e conservavano il liquido che gemeva dalle alici salate (colatura) e lo aggiungevano al vasetto che conservavano per le loro esigenze. Nel periodo natalizio la “colatura” si scambiava tra le famiglie di Cetara per condire gli spaghetti della vigilia.
La tradizione si è perpetuata fino ai giorni nostri e si è accresciuta tanto da far sorgere delle piccole e medie imprese artigianali sul territorio comunale ed immediatamente confinante.
Il prodotto è costituito dal liquido che deriva dall’estrazione (colatura) più o meno spinta delle alici salate mature. Trattasi di una soluzione salina di colore giallo ambrato ed in alcuni casi, quasi di mogano chiaro, profumo pungente di salsedine sapore piacevole di pesce conservato a base salata, commercializzato in bottiglie di vetro di varie dimensioni (125 ml, 250 ml, ecc.). La “colatura” si conserva in bottiglie di vetro chiuse a temperatura ambiente, una volta aperta in frigo o in luogo fresco al buio senza tappo con sopra un rametto di origano.
DESCRIZIONE PROCESSO PRODUTTIVO
Le alici da utilizzare per l’estrazione della colatura sono quelle pescate nel periodo maggio/agosto (dimensioni 38/40 alici x kg). L’areale di pesca è prevalentemente quella del Golfo di Salerno o al massimo anche il Golfo di Napoli ; le alici vengono pescate con la tecnica della “cianciola con utilizzo della Lampara” in modo che il pescato non venga rovinato. I fusti per salare le alici variano dai piccoli 2- 3 kg (sale ed alici) , ai medi 5 – 10 kg ai grandi 100/120 kg; i materiali utilizzati sono tradizionalmente, legno e/o terracotta per i piccoli e medi, plastica per i grandi. I contenitori vengono riutilizzati previa detersione e disinfezione.
Il sale utilizzato è il marino lavato pugliese di Santa Margherita di Savoia o siciliano di Trapani. Il sale doppio costa meno ma rovina la superficie delle alici e le rende poco adatte per i filetti quindi per un’ulteriore utilizzazione delle alici sfilettate è preferibile adoperare sale fino.
Le alici , desquamate, decapitate ed eviscerate vengono poste con la classica tecnica testa coda a strati alterni di sale ed alici e con l’ausilio di un collare (in teflon o legno), largo quanto il fusto ed alto circa 25 centimetri, vengono depositati strati di sale ed alici oltre il bordo. Completata questa fase il contenitore viene coperto con un disco di legno o teflon su cui si posizionano pesi proporzionati all’altezza delle alici nel contenitore ed al materiale che compone il contenitore stesso, circa 50 kg all’inizio del processo poi si riduce il “carico” man mano che va avanti la maturazione fino a scendere intorno ai 15- 20kg.
La maturazione dura dai 4 ai 6 mesi a secondo delle dimensioni delle alici e della temperatura di conservazione.
Importante è la preparazione della salamoia che si ottiene con acqua fredda e sale con una concentrazione di circa 22°Bè, si utilizza già dopo 24 ore e si aggiunge secondo necessità nei fusti di alici salate per mantenerle più umide. A partire da maggio si utilizza una maggiore percentuale di sale ( più di 25 kg per fusto) per la temperatura ambientale che tende ad aumentare; da metà agosto in poi viene diminuita la percentuale di sale in quanto si va incontro alla stagione invernale.
L’estrazione può avvenire con il metodo della “VRIALA”o foratura, del “CAPPUCCIO” , o “TRADIZIONALE CASALINGO”.
La resa in colatura da un fusto di circa 120 kg alici più sale è di 10 – 12 litri se si buttano le alici perché completamente pressate. Se le alici verranno utilizzate per fare i filetti, la resa sarà della metà.
La colatura ottenuta viene confezionata in bottiglie di vetro chiuse con tappo in sughero o con tappo metallico a vite, si può conservare al fresco ed al buio per diciotto , ventiquattro mesi.
Tutte le operazioni vengono effettuate a mano.
DESCRIZIONE DELLE METODICHE DI LAVORAZIONE
I° SALATURA(increscatura- desquamazione): Le alici appena pescate vengono portate presso le ditte per la lavorazione entro 12 – 18 ore , ed immerse in vasche di acciaio inox con salamoia (15°Bè c.a.) fredda, in alcuni casi anche con ghiaccio, dove sostano per minimo 2 ore massimo 12 ore per la desquamazione ed il rassodamento.
DECAPITAZIONE ED EVISCERAZIONE (scapezzamento). Le alici più piccole 70/80 per kg vengono salate intere per circa 15 giorni e poi una volta rassodate vengono decapitate ed eviscerate. Le alici giuste sono di dimensione 38/40 per kg e sono subito decapitate ed eviscerate.
II° SALATURA. Le alici poste a strati direzione testa coda con aggiunta di sale grosso fino a riempire il fusto un po’ oltre il bordo con l’aiuto di collari in teflon o legno.
PRESSATURA. Coperchio in legno o teflon con peso di circa 50 kg per 2 mesi (fusti da 120 kg) e poi “carico” più leggero 15/20 kg per il resto del periodo; i pesi sugli altri contenitori di alici salate saranno proporzionalmente più piccoli e varrà la stessa procedura.
ELIMINAZIONE Sangue e rabbocco di salamoia
MATURAZIONE. Il periodo oscilla dai 4 ai 6 mesi, dipende dalle dimensioni delle alici e dalla temperatura di conservazione , se necessario si aggiunge altra salamoia.
ESTRAZIONE:
a) VRIALA. I contenitori vengono portati in un ambiente separato e sollevati da terra per circa un metro e con una specie di trapano a mano “VRIALA” si pratica un forellino a 4 – 5 centimetri dal fondo del contenitore, e si lascia defluire “colare”; il primo liquido ancora torbido viene rimesso all’interno del contenitore,tale operazione viene ripetuta fino a quando il liquido uscirà limpido. Se non si estrae tutta la colatura , le alici possono essere utilizzate sfilettate sott’olio.
b) CAPPUCCIO. Le alici salate mature vengono sminuzzate con un bastone o con le mani direttamente nel contenitore oppure viene utilizzato un apposito frullatore, la “pasta” ottenuta viene introdotta nei cappucci di stoffa in locali freschi, ombreggiati, al riparo da polvere e da animali indesiderati. Per facilitare l’estrazione si aggiunge salamoia satura; la colatura si rimette nel cappuccio fino a quando fuoriesce limpida.
c) TRADIZIONALE – CASALINGO. Qualche famiglia di cetaresi ha mantenuto la tradizione di salare le alici in casa generalmente utilizzano contenitori in terracotta smaltata . Dopo due mesi circa dalla salatura viene asportato il liquido che fuoriesce dalla bocca del contenitore è messo in un fiasco di vetro ed esposto al sole diretto con un rametto di origano a mo di tappo per alcuni mesi. Si rimette nel recipiente con le alici salate e poi con una “vriala” si estrae una piccola quantità sufficiente per condire la pasta della vigilia.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Prodotto tipico: Rientra nell’elenco previsto dall’articolo 8 del Decreto legislativo 173/98 e dal successivo decreto ministeriale applicativo n.350 del 08.09.99 ed aggiornato con Decreto Ministeriale 19.06.07 e s.m.i. Reg. CE 2073/05 Capitolo 1.26 – Criteri di sicurezza alimentare, prodotti della pesca che hanno subito un trattamento di maturazione enzimatica in salamoia, ottenuto da specie ittiche associate con un tenore elevato di istamina (n = 9 c = 2 m = 200mg/kg M = 400 mg/Kg)
CONCLUSIONI
Da una sperimentazione effettuata su lotti di colatura provenienti da diverse ditte (Atti XVIII Convegno AIVI , Giugno 2008) è emerso come il principale pericolo connesso a questa lavorazione sia rappresentato dall’istamina. Ulteriori ricerche , alcune ancora in svolgimento hanno evidenziato che la “Colatura di alici di Cetara” , potrebbe contenere livelli di istamina superiori alla normativa vigente , infatti il processo tecnologico tradizionale “non sembra” garantire il mantenimento di concentrazioni di istamina a livelli inferiori ai limiti imposti dalla normativa vigente se non si garantiscono temperature di maturazione di massimo 25°C.
E’ opportuno una standardizzazione della tecnologia che si realizzi nella scelta di materie prime freschissime e nel controllo di alcuni parametri di processo come la concentrazione salina, pH e la temperatura dei locali dove avviene la maturazione delle alici salate.
Autori: Dott. Angelo Citro medico veterinario dirigente ASL SA ex SA1
Dott. Massimo D’Antonio medico veterinario dirigente ASL SA ex SA1
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